L’allergia al nichel è la forma più diffusa di allergia da contatto e, nello specifico, di allergia ai metalli. La prevalenza, per altro, è in deciso aumento e si ipotizza che la diffusa pratica del piercing e/o dei tatuaggi, in cui il nichel viene utilizzato per la fabbricazione di alcuni colori, abbia contribuito a questa sua impennata. Recentemente degli studi epidemiologici hanno rilevato una prevalenza generale del 15-20% della popolazione per questa problematica, con una particolare diffusione tra le donne, in cui si può addirittura raggiungere il 30% della prevalenza, forse per l’uso diffuso di accessori contenenti il metallo e l’uso di biancheria di colorazione scura.
La risposta del sistema immunitario indotta dal nichel è molto violenta e si manifesta solitamente con una forma di Dermatite Allergica da Contatto (DAC), che nella prima fase di contatto con l’antigene, liberato da accessori a contatto con il sudore corporeo leggermente acido, è silente (sensibilizzazione). Ripetuti contatti con l’antigene scatenano, poi, una risposta da parte dei linfociti T che rilasciano di citochine pro-infiammatorie, inducono fenomeni citotossici e la formazione di radicali liberi fino all’apoptosi delle cellule epidermiche. Il sintomo finale visibile a occhio nudo è un eczema limitato alle sole zone di contatto con il metallo che, spesso, è accompagnato anche dalla formazione di vescicole, desquamazione e prurito.
Esistono alcuni soggetti in cui i problemi non si limitano alle sole zone di contatto, ma possono presentarsi anche in altre parti del corpo come le pieghe dei gomiti, il collo, la parte interna delle cosce, la pianta dei piedi, le palpebre e la zona ano-genitale. Inoltre, in alcuni casi si manifestano dei sintomi a carico di organi diversi con rinite, asma, cefalea, dolori addominali, diarrea, stipsi, meteorismo e vomito (Sindrome dell’Allergia Sistemica al Nichel o SNAS). In questo caso si ritiene che possa essere particolarmente importante anche la quantità ingerita con la dieta, anche se i meccanismi immunologici alla base di questa sindrome non sono ancora stati del tutto chiariti.
La diagnosi di allergia al nichel per DAC si esegue attraverso il “PATCH“ Test, esame basato sulla reazione locale d’ipersensibilità causata da contatto cutaneo con l’allergene. Il risultato dell’esame esprime la presenza di sensibilizzazione, ma non implica necessariamente la presenza di allergia. La diagnosi di SNAS è decisamente più complicata per la quale è necessaria una prima fase di drastico contenimento del nichel apportato dalla dieta e, successivamente, un test di provocazione. Entrambi gli esami devono essere svolti da personale qualificato e solo su consiglio del proprio medico, che saprà consigliare il giusto iter diagnostico.
Alimenti ad alto contenuto di nichel
La diagnosi di Allergia Sistemica al Nichel, già di per sé complicata, porta il professionista della nutrizione a redigere una dieta a basso apporto di nichel, con tutte le difficoltà e le incertezze che questa operazione comporta.
Il contenuto di nichel negli alimenti è, di fatto, molto variabile ed è fortemente maggiore nei cibi di origine vegetale, mentre la presenza di questo metallo in quelli di origine animale è sempre modesta ad eccezione dell’uovo. Anche in letteratura scientifica c’è molta difformità in termini di contenuto dell’elemento per uno stesso alimento e non esiste una vera soglia che consenta di stabilire quali alimenti siano ad alto contenuto di nichel, per via dell’incertezza in merito a quale sia la dose minima in grado si suscitare una reazione avversa.
Altro problema fondamentale è l’estrema variabilità (anche di 10 volte) del contenuto di nichel negli alimenti vegetali in conseguenza alla:
- concentrazione di nichel nel terreno di coltura;
- stagione di raccolta, il nichel, generalmente, risulta maggiormente concentrato nelle piante in primavera e autunno e più ridotto in estate;
- parte della pianta consumata, perché le foglie sono quelle che ne contengono di più;
- stadio di vita delle verdure a foglia, perché le foglie più giovani ne contengono meno rispetto a quelle più vecchie.
Fatte queste premesse, è chiaro come sia estremamente complicato costituire una tabella degli alimenti da escludere dalla dieta, perché il rischio è sempre quello di effettuare eliminazioni arbitrarie, non necessarie e potenzialmente problematiche per molti aspetti.
Di seguito riporto una tabella di un recente studio condotto in Italia in cui si individuano alcuni alimenti di uso comune classificandoli in funzione del loro crescente contenuto di metallo. Dai dati riportati in questo lavoro, si evince come, indipendentemente dalle condizioni di coltivazione, ci siano alimenti da considerare SEMPRE ad alto contenuto di nichel, come cereali integrali, legumi, cacao, noci, nocciole e arachidi.
Ni 100 µg/Kg | Ni 200 µg/Kg | Ni 500 µg/Kg | Ni > 500 µg/Kg |
Carote Fichi Lattuga Insalata Liquirizia Funghi Sogliola Merluzzo Rabarbaro | Albicocche Broccoli Mais Aragosta Cipolle Pere Uva passita | Carciofi Asparagi Fagioli Cavolo Cavolfiore Fagiolini Farine integrali Lievito Margarina Cozze Ostriche Patate Piselli Prugne Spinaci | Mandorle Ceci Cacao Concentrato di pomodoro Lenticchie Avena Arachidi Noci |
Vi sono altri fattori che giocano un ruolo cruciale sulla quantità di nichel assunto attraverso la dieta giornaliera, come:
- il contatto prolungato di alimenti, soprattutto acidi, con le pareti di contenitori e pentole di leghe metalliche in nichel;
- l’impiego di utensili, pentole e posate in leghe contenenti nichel;
- la presenza di nichel nell’acqua consumata, con valori che variano in base alla provenienza del liquido, dalla temperatura, dal fatto di bere o meno la prima acqua fuoriuscita dal rubinetto e dal consumo a digiuno o a stomaco vuoto.
Le citate variabili rendono chiaro come sia complicato stilare una dieta a basso contenuto di nichel che soddisfi l’assunto, senza costringere il soggetto a eliminazioni che portino, nel lungo periodo, a deficit nutrizionali.
Indubbiamente una dieta a basso contenuto di nichel è complicata da stilare, ma, comunque, si possono attuare alcuni accorgimenti:
- evitare i cibi con costante alto contenuto di nichel (cacao e cioccolato, legumi, noci, mandorle e cereali integrali);
- carne, pesce e uova possono essere consumate senza problemi, fatta eccezione per alcuni pesci (in scatola e freschi) come tonno, aringa, salmone, bivalvi e alcuni crostacei come l’aragosta;
- il latte e i latticini possono essere consumati “liberamente” perché a ridotto contenuto di nichel;
- tra i cereali è possibile consumare prodotti a base di riso brillato e frumento raffinato, evitando cereali integrali, in particolar modo avena;
- il consumo di verdure come patate, cipolle e aglio deve essere modesto;
- se si consumano verdure a foglia è sempre consigliabile scegliere foglie giovani (spinacini da insalata, lattughino, ecc.), scartando le più vecchie in cui si ritrovano maggiori concentrazioni del metallo;
- banane, mele e agrumi hanno un ridotto contenuto di nichel;
- tè e caffè devono essere consumati in quantità modesta;
- evitare integratori che contengono nichel;
- evitare di consumare prodotti in scatola o alimenti conservati in contenitori metallici che possono liberare nichel a contatto con gli alimenti, specie se acidi;
- evitare di utilizzare pentole, padelle, tegami, utensili e posate in leghe contenenti nichel che potrebbero rilasciare ioni del metallo negli alimenti, specialmente in cotture prolungate e in presenza di alimenti acidi;
- evitare di bere la prima acqua che sgorga dal rubinetto, potenzialmente ricca di nichel, lasciandola scorrere per almeno una decina di secondi.
L’assorbimento di nichel a livello intestinale può essere influenzato in particolari condizioni:
- la vitamina C, il succo di agrumi e il latte possono ridurre l’assorbimento di nichel;
- un buon apporto di ferro con la dieta può ridurre l’assorbimento di nichel;
- una condizione di carenza di ferro o di anemia, gravidanza e allattamento determinano, invece, un netto aumento dell’assorbimento di nichel.
La buona norma, in considerazione delle discrepanze e delle difficoltà nella gestione di una dieta a basso contenuto di nichel, risulta fondamentale anche avere un costante riscontro con il proprio professionista della nutrizione che consenta di individuare specifici alimenti a cui il singolo paziente è particolarmente sensibile.
Articolo a cura di Gabriele Belotti